Cosa accomuna le principali personalità
di spicco della politica italiana? Quale filo lega Renzi, Letta,
Grillo, Berlusconi e Alfano? Apparentemente questi leader,
probabilmente i più popolari nella penisola (fatta
eccezione per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) non hanno
tantissimo a cui spartire tra di loro. Tutti dovrebbero
diligentemente contribuire ed impegnarsi attivamente per tirarci
fuori dalla stagnante crisi economica e non solo, mettendo da parte
le loro legittime e rispettabili ambizioni, costruita ad arte dai
loro colleghi a Roma (e a seconda dei casi persino loro stessi)?
Magari, ma sfortunatamente non viviamo in un paese governato da una
classe politica responsabile ed accorta. No, tutt'altro. A mio parere
condividono tutti un destino, quello di avere molteplici vincoli e
costrizioni, frutto di altrettanti calcoli e speculazioni.
Fonte: linkiesta.it |
Renzi è l'uomo del momento. Sì, ma di
questo momento. Ora sbancherebbe le urne, travolgerebbe tutti,
centrerebbe il bersaglio più grosso. Ma tra qualche mese?
L'elettorato italiano è sempre più stanco, disilluso,
disaffezzionato e quindi sempre più volatile, volubile, fluido,
inafferrabile. Un giorno ti osanna, il giorno dopo chissà. Puoi
essere inizialmente quello nuovo, venuto dal basso, integerrimo e
incorruttibile, senza macchie e senza peccati, quello che “lui sì
che sa cosa vogliamo, non come quei ladri”, poi, se non gli mostri
la bacchetta magica e rimedi alle loro lagnanze, vieni fagocitato dal
giustizialismo e assimilato alla casta, quella vecchia, sprecona e,
alle volte pure mafiosa. Renzi lo sa. La sua clessidra scorre veloce
e la penitenza per ogni sua esitazione potrebbe essere l'associazione
alla politica politicante, a chi, come ci tiene (non casualmente) a
ribadire è geneticamente diverso da lui. Una sola strada
percorribile quindi. Dimostrare che la bacchetta magica ce l'ha per
davvero o, come direbbe lui, che bisogna “fare” e non “durare”.
Questo nonostante materialmente, non possa “fare” ma piuttosto
“spronare” ed “incoraggiare” il presidente del consiglio
Letta a “fare”. Inoltre può “minacciare”, “sbraitare” ma
non può “sfiduciare” poiché fondamentalmente manderebbe a casa
un esecutivo al cui vertice siede un membro del proprio partito.
Renzi dovrebbe esercitare, quello che, in gergo politico, viene
definito “soft power”, intestandosi i meriti di qualunque riforma
che risulti popolare del governo e tentare di smarcarsi da quelle
impopolari. Ecco ma quali riforme? Fare cosa? Quello che ha promesso.
Mischiando il buon senso e il progetto politico con un pizzico di
demagogia e populismo.
Capitolo Letta. Enrico, liberandosi
dell'ingombrante e recalcitrante figura del Cavaliere all'interno
della maggioranza governativa, si è legato le mani da solo. Ora con
chi deve fare compromessi? Con chi può dare sfoggio delle sue
qualità democristiane? Con Alfano? Angelino, appena sente parlare di
elezioni imminenti, che lo obbligherebbero alternativamente a tornare
con la coda delle gambe ad Arcore o a vedere la propria compagine
drasticamente (un partito nato tra le mura di Montecitorio con
risibile e trascurabile radicamento elettorale) ridotta ad un
manipolo di innocui parlamentari, gli viene l'orticaria. Dunque è
facilmente ricattabile. Quindi per Letta non è più tempo di
compromessi. È tempo di agire, anche perché il sindaco di Firenze
scalpita e incalza. Lo si può accontentare, conquistandosi la sua
fiducia per sognando una poltrona in un suo futuro governo, oppure lo
si può tenere a bada e contrastarlo dall'interno rivitalizzando e
ringalluzzendo la strisciante opposizione interna (Giovani Turchi,
ex-besaniani, ex-dalemiani, ex-qualcos'altro e compagnia bella). In
ogni caso Letta ha bisogno di rinnovato consenso popolare, altrimenti
rischia di finire spazzato via dal vento rottamatore.
Fonte: minformo.it |
Berlusconi (ah lui le mani legate ce le
ha quasi fisicamente) e Grillo stanno fuori dai palazzi-il primo
perché vi è stato finalmente bandito mentre il secondo
coscientemente, secondo una sua mirata strategia. Fuori da Roma,
fuori nelle piazze. Quelle che loro sanno conquistare, arringare,
sedurre e manipolare a loro piacimento. Hanno fatto il colpaccio
qualche mese fa e presumono di farlo ancora alla prossima tornata. Le
europee fanno al caso loro in questo senso. Elezioni in cui si può
aggiungere al qualunquismo domestico dei capri espiatori stranieri, i
freddi e spietati tecnocrati di Bruxelles, inventori di stratagemmi
malefici per impoverirci e sottometterci. Le europee si prestano
talmente bene al dispiegamento di queste retoriche prive di contenuti
sostanziali ed opportunisticamente euroscettiche, che entrambi
vorrebbero alzare la posta, mettendo in palio anche il governo. Si
forma così questa strana convergenza tra piazzisti che dovrebbero
essere agli antipodi. Convergenza tra “vaffanculo” e “mi
consenta”. Convergenza tra chi è sbucato dal nulla e incarna
l'antipolitica e chi, sebbene calchi i palcoscenici della politica li
da venti anni, con magri risultati, ogni volta si presenta come
l'homo novus, venuto dall'imprenditoria, per rinnovare una società
oppressa da apparati burocratici e amministrativi retrogradi e
opprimenti. Convergenza quindi per andare alle armi subito, per
un'altra cavalcata per abbindolare gli astenuti e i delusi. Insomma
un'altra campagna elettorale, perché quella sanno fare meglio e
quella vogliono. Meglio subito. Anche se l'impressione è che per
loro le campagne elettorali non inizino e finiscono mai.
Quindi dati i vincoli e le costrizioni
descritte, seguendo una logica razionale, quasi matematica,
aristotelica, nel 2014 per qualche mese Letta su pressione di Renzi e
consenso di Alfano, in serie approva legge elettorale, riforma del
lavoro, superamento del bicameralismo perfetto, qualche diritto
civile random e magari strappa qualche concessione sugli ostici ed
impervi banchi dell'UE (tutto quello che si dovrebbe fare dal governo
Monti, ma estendendo a ritroso l'orizzonte temporale, da vent'anni a
questa parte) e poi si va a votare e il fiorentino e i due imbonitori
se la giocano di nuovo per formare, per l'ennesima volta, all'insegna
di un'instabilità politica da emicrania, un governo.
Tutto facile. Sì ma ci vuole coerenza.
Quella che non ha avuto Berlusconi nel sostegno ai governi Monti e
Letta. Quella che non ha avuto Grillo fondando un partito su cinque
punti e rinunciando a tutti rifiutando la proposta di Pierluigi
Bersani di entrare in un esecutivo di Coalizione con il PD. Quella
che non ha avuto Letta che da mesi e mesi annuncia una svolta di cui
non si percepisce nemmeno l'odore. Quella che non ha avuto Alfano che
ha abbandonato il suo “creatore” politico nel suo momento più
complicato dopo averlo strenuamente difeso per anni. La coerenza che
forse appartiene a Matteo Renzi. La coerenza che la politica dovrebbe
riconquistare.
Buon anno.
Valerio Vignoli
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