
Queste ultime due tragedie, tuttavia, rappresentano solamente la più eclatante e recente manifestazione di un fenomeno con radici ben più profonde. A discapito dei numerosi sforzi legislativi effettuati negli scorsi decenni, la discriminazione razziale è un problema tuttora irrisolto negli Stati Uniti; le comunità di colore soffrono ancora di una disparità di reddito e istruzione molto elevata rispetto ai connazionali, mantenendo in vita un circolo vizioso che si trasmette di generazione in generazione dai tempi dell’abolizione della schiavitù. Alla segregazione sociale si vanno ad aggiungere i continui abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, che vengono naturalmente indirizzati verso le comunità più marginalizzate.
Nel corso delle manifestazioni mirate a denunciare gli episodi di police brutality, questo abuso della forza è stato, quasi ironicamente, messo in pratica in maniera sistematica: in una settimana, più di duecento manifestanti sono stati arrestati nella sola Bay Area.

Molti agenti si stupirono della presenza di un italiano, qualcuno addirittura chiedendo se fossi venuto dall’Italia solo per partecipare alla manifestazione. Al momento del rilascio, un agente della polizia penitenziaria mi chiese: “Sei orgoglioso di questo?”. La risposta fu resa particolarmente spontanea dai polsi ancora doloranti: “Tutto quello che ho fatto è stato marciare pacificamente per chiedere il rispetto dei diritti civili e per protestare contro l’utilizzo ingiustificato della violenza. E per questo, solamente per questo, sono stato arrestato. Sì, sono orgoglioso di averlo fatto.”
E voi, tutori dell’ordine nella land of the free, siete orgogliosi di tutto questo?
Marcello Gatti
Articolo originale pubblicato su PD San Francisco
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