“I greci hanno mostrato la strada del cambiamento all’Europa. La Troika fa parte del passato, il voto contro l’austerità è stato forte e chiaro. Ci riprenderemo la speranza, il sorriso, la nostra dignità, vi voglio ringraziare di cuore a tutti voi che avete lottato con ottimismo, prendendo la speranza tra le mani. In questo momento storico in cui tutti ci guardano: vogliamo rassicurarvi sulla fatto che lotteremo tutti insieme per far restare il sole della democrazia e della dignità sopra la Grecia, insieme ce la faremo. Oggi festeggiamo, questo popolo ha bisogno di festeggiare. Forza e lottiamo insieme.”
È il discorso pronunciato da Alexis Tsipras leader di ΣΥΡΙΖΑ, il partito di sinistra greco a ispirazione socialista democratica, che ha vinto le elezioni parlamentari greche tenutesi ieri, domenica 25 gennaio.
I dati parlano di una percentuale del 36.3% contro il 27.8 di Nuova Democrazia, il partito di centro-destra guidato dal premier uscente Samaras, e vedono Alexis Tsipras, leader della coalizione di centro sinistra, nuovo e più giovane Presidente greco della storia.
A ΣΥΡΙΖΑ servivano 151 seggi sui 300 del Parlamento greco per avere la maggioranza assoluta, mentre i risultati lo fanno arrivare a 149, e quindi costretto a formare un governo di coalizione che, stando alle ultime indiscrezioni, sarebbe composto, oltre che da ΣΥΡΙΖΑ dai Greci Indipendenti, un partito di estrema destra anti-austerity guidato da Panos Kammenos.
Facciamo un passo indietro: ma chi è davvero Alexis Tsipras?
Sempre per The Bottom Up, Mattia Temporin ha illustrato nel modo migliore possibile l’importanza che avrebbero avuto le elezioni greche e il perché la cosiddetta Europa dei banchieri e delle lobby era preoccupata da una possibile vittoria del leader di sinistra.
Alexis Tsipras, ingegnere ateniese classe 1974 è un fenomeno mediatico che è stato causa di un errore degli analisti in questi anni, da quando il giovane leader delle piazze cresceva esponenzialmente dal 5 al 30-35% nei consensi, e attribuendo a questa crescita il semplice fatto che in periodi di crisi, molto spesso, i partiti estremi sia di destra che di sinistra tendono a raccogliere voti da quella parte della popolazione più debole e vittima del momento, senza davvero mai offrire e proporre un vero e adeguato progetto politico ed economico.
Il successo di Syriza, il partito che durante la crisi ha riunito la galassia dei movimenti di estrema sinistra e che l’ingegnere quarantenne ha trasformato in una formazione anti austerità e non concretamente anti-euro, è un fenomeno sociale e causa del più alto travaso di voti della storia europea recente da un partito ad un altro.
Sul settimanale “L’Espresso”, ho letto recentemente un’intervista ad una famiglia greca, una famiglia della classe media da sempre simpatizzante della destra. Mi hanno sorpreso le parole del signor Dimou, il quale afferma: “Non so se Alexis sarà in grado di cambiare la situazione, non ci conto ma lo spero. Non ho cambiato ideologia politica, ma è il Paese che ha bisogno di un cambiamento radicale perché è al livello più basso di sempre.”
Secondo i dati greci, Syriza ha il 13% di voti dai tradizionali elettori della destra, e lo hanno fatto perché hanno visto e vedono in lui l’unico vero ostacolo al definitivo impoverimento della Grecia.
Ne apprezzano l’ormai popolare politica anti-Merkel, approvano l’intenzione di tartassare le élites greche, le quali hanno invece continuato a preferire il partito di destra Nuova Democrazia, molto vicino ad ambienti neo-fascisti, e che vedono la vittoria di Tsipras come la fine di un’epoca di privilegi, troppi, e doveri, troppo pochi.
Tsipras è diventato col tempo, visto che questa vittoria viene da lontano, il rappresentante delle critiche più severe alle politiche di austerità dell’Unione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, l’esponente di un’idea nuova di Europa, dove l’Euro sembrerebbe non essere in crisi.
In tanti infatti si sono chiesti: cosa rischierebbe l’Europa in caso di vittoria di Tsipras?
Dal mio punto di vista ci troviamo dinnanzi a due scenari possibili, uno razionale, frutto del buon senso, e uno irrazionale, causato dall’esaltazione momentanea della vittoria.
Lo scenario razionale è quello in cui il leader di Syriza e la cosiddetta Troika, l’organismo di controllo informale costituito da rappresentanti della Commissione Europea-Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale europea, raggiungono un compromesso molto al ribasso rispetto ai toni e alle promesse della campagna elettorale, nonostante che la natura delle promesse sia che queste rimangano tali nonostante i cambiamenti che avvengono.
Non avendo ottenuto, ma solo sfiorato, la maggioranza assoluta in Parlamento, credo che Tsipras, dopo l’alleanza con l’estrema destra con i Greci Indipendenti, farebbe passare le modestissime concessioni di Bruxelles come grandi conquiste dovute alla sua intransigenza e al coraggio del popolo ellenico che ha deciso di scuotere il giogo delle politiche di austerità.
Non è assolutamente una critica visto che non può davvero fare diversamente, perché le carte migliori sono tutte in mano alla Merkel, e la minaccia di cessare con il pagamento degli interessi sul debito greco dubito che possano bastare a impaurire la Cancelliera. La Grecia inoltre non può più minacciare Berlino dichiarando un default, come ad esempio si temeva nel 2012, perché nel frattempo il quadro dei creditori è cambiato insieme agli strumenti finanziari a disposizione dell’Eurozona, mentre è certo che i danni peggiori di una bancarotta li patirebbe Atene.
Lo scenario irrazionale invece è quello in cui Tsipras si mostrasse davvero irremovibile rispetto ai contenuti del programma elettorale in base al quale hanno ottenuto i voti. Annullamento e rinegoziazione degli accordi con la Troika, cancellazione del 50 per cento degli attuali 317 miliardi circa di euro di debito pubblico greco e soprattutto fine delle politiche di austerità con un incremento di 10 miliardi di euro alla spesa pubblica per rialzare il salario minimo, l’assegno pensionistico e l’aumento di stipendio della funzione pubblica.
L’alleanza, almeno formale, con i Greci Indipendenti di Kammenos, sembra portare ad uno scenario pressoché irrazionale, con la rinuncia e la condanna di tutti i diktat e le direttive europee.
Tsipras si sta avviando per un cammino impervio, e anche lui lo sa, ma la cosa di cui è maggiormente consapevole è che non può e ovviamente non vuole deludere quegli elettori che hanno affidato a lui la loro vita, i loro risparmi e le loro speranze. L’hanno votato proprio per il suo radicalismo, per la chiarezza di espressione, come ultima speranza di un mondo ormai malato e di un sistema corrotto. Nelle idee dell’ingegnere, la Bce cesserebbe di finanziare la liquidità delle banche greche e di funzionare da prestatore di ultima istanza, la Troika bloccherebbe la parte restante di aiuti ancora da erogare e i mercati boccerebbero inevitabilmente la rottura dell’accordo con tassi di interesse del debito greco proibitivi.Per evitare il conseguente default, il governo imporrebbe il controllo sui capitali e sarebbe costretto a reintrodurre la dracma.
Si verificherebbe così, economicamente e conseguentemente parlando, la tanto temuta uscita dall’euro.
La prospettiva di un’uscita dall’Euro di Atene è temibile, poiché verrebbe infranto un vincolo ritenuto irrevocabile con conseguente minaccia di innescare un effetto domino su altri paesi in difficoltà.
Questo fatto ha dato il via ad una serie di parole di sostegno al partito di Tsipras da parte di esponenti del mondo di estrema destra come Marine Le Pen e Giorgia Meloni, da sempre contrarie alla moneta unica, e anche a qualsiasi cosa che possa essere ragionevole.
Il leader del Front National si è detta contraria su alcuni punti del programma di Syriza, come l’immigrazione, ma al tempo stesso contenta che un aggressività lucida come quella di Tsipras possa riportare il popolo a riprendersi il potere contro il mercato e la finanza.
Ovviamente l’uscita dall’euro sarebbe la ciliegina sulla torta.
In Italia, parole di sostegno sono arrivate dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, la quale dice di condividere in qualche modo le critiche di Tsipras alle misure di austerità imposte dall’Unione Europea alla Grecia in cambio degli aiuti economici che hanno evitato la bancarotta.
L’uscita dall’Euro è però un’ipotesi del tutto remota, dato che i cittadini greci, per il 74%, vogliono rimanere dentro la moneta unica, e che il ritorno alla dracma produrrebbe solo inflazione e un riformarsi simultaneo del debito eliminato col default. Ciò sarebbe causato da un tipo di economia, quella greca, non orientata alle esportazioni, e quindi non competitiva con i mercati esteri.
Lasciamo da parte, per ora, le riforme, i progetti, le idee, l’Europa.
Tsipras è venuto da lontano, ha lottato e ha creduto in quello che faceva. È un uomo che sta provando a dare una speranza ad un popolo che ormai non ne aveva più, un uomo che viene da una galassia fatta di irrealismo ed astrattezza e che ora si trova a dover essere concreto e diretto.
Molte speranze sono riposte in lui, non solo dal popolo greco, ma dal popolo europeo che non riesce più ad uscire da una crisi che sembra senza fine.
Non ha vinto solo Atene, ma ha vinto quella parte di popolo europeo che è convinto che esistano altre strade per poter ritrovare il benessere, la felicità e la voglia del passato, un cammino che non ci racconti, ancora una volta, le stesse cose ma con parole diverse.
Ma Tsipras dovrà stare molto attento, anche perché ci sono vittore che rischiano di far più male ai vincitori che ai vinti.
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