La vittoria di Debora: una questione di comunicazione.

C'è una domanda che serpeggia tra elettori e simpatizzanti del centro sinistra italiano alla luce dell'esito delle ultime elezioni amministrative in Friuli Venezia Giulia: perché Debora Serracchiani sì e Pierluigi Bersani no?
Come ha fatto una donna, politicamente giovane a prevalere, seppur sul filo di lana e con un tasso di astensionismo preoccupantemente alto, proprio in una regione storicamente fedele al centro destra, spesso dimenticata e associata al vicino Veneto, feudo della Lega Nord (Zaia, Tosi...)? Come ha fatto a convincere 107.155 persone, il 26,82% degli elettori, a votare Partito Democratico nonostante il suicidio romano ad opera della carica dei 101 franchi tiratori?

La storia dell'affermazione locale e nazionale di Debora parte la lontano e in particolare da questa occasione: era il 21 marzo 2009 all'Assemblea nazionale dei circoli del Partito Democratico.




Anche a distanza di anni, la grinta e l'impeto che la contraddistinsero in quella situazione non si sono sopiti e questo mix di leadership e dolcezza è stato, sicuramente, un ingrediente fondamentale della ricetta per vincere le elezioni. Questo potrebbe far pensare alla sua vittoria come una scia di altri successi del centro sinistra a livello locale, un'ennesima dimostrazione di acume nella scelta dei candidati più vicini all'elettorato, ma in questo caso il successo era troppo poco a portata di mano per poter avvallare questa tesi.
Tuttavia, il merito della sua personalità non è da sottovalutare, anzi. E' eloquente il tweet di Ettore Rosato, parlamentare del PD, pubblicato prima dell'esito delle elezioni : "Lo scrivo prima dello spoglio. se ha vinto, ha vinto lei, altrimenti abbiamo perso noi, con le incredibili vincende romane."

C'è, a mio avviso, un elemento particolare che ha differenziato nettamente la corsa della Serracchiani dal pasticcio di Bersani: Debora ha condotto una campagna elettorale da manuale.
La comunicazione politica democratica ha utilizzato in maniera efficace tutti i mezzi possibili, vecchi e nuovi.
Nei mesi precedenti alle elezioni, Debora ha girato l'intera regione come una trottola, instancabile e sempre sorridente, aperta e decisa nel diffondere le sue idee dialogando direttamente con i friulani. In ogni appuntamento è stata seguita fedelmente da una macchina fotografica, da uno smartphone, da un tablet per poter condividere tutto in tempo reale con amici e followers.
Il momento clou della campagna sul territorio è stato senza dubbio l'incontro pubblico con Matteo Renzi, leader in ascesa, parte della stessa generazione della Serracchiani, atto ad enfatizzare il bisogno di cambiamento e l'intenzione, seria, di passare dalle parole ai fatti, dando concretezza e peso a promesse e programmi troppo spesso destinati ad essere "aria fritta". Dal punto di vista della campagna online, la neo governatrice ha dimostrato di sapersi muovere agilmente sui socialnetwork, ritagliando per esempio dei momenti nei quali rispondere direttamente alle domande degli elettori che si sono rivolti a lei su Twitter (l'hashtag scelto è stato #quidebora). Alcuni possono sostenere che questa esperienza è stata attuata anche da Mario Monti qualche mese fa, ma a differenza del professore, la Serracchiani ha risposto a tutte le domande poste, senza badare se provenissero da un giornalista, un opinion leader o un semplice utente.
La sinergia tra un'attività intensa sul territorio e l'esperienza maturata negli ultimi anni sul suo blog  ha permesso di aggregare un consenso trasversale intorno alla candidata dem, elemento non scontato.
Ogni scelta compiuta é stata facilmente inscrivibile nella strategia della campagna, sintetizzata nello slogan "Torniamo ad essere speciali", inclusivo, connotato emotivamente, proiettato al futuro.




In sintesi, Debora Serracchiani, insieme al suo staff e all'agenzia di comunicazione Proforma, è riuscita perfettamente in ciò in cui il suo partito ha indubbiamente fallito nel percorso che ha portato alle ultime elezioni politiche. Ha costruito una campagna elettorale comunicativamente perfetta, efficace e di successo: un passo deciso verso un modello post moderno simile a quello americano e sempre più distante rispetto alla videocrazia alla quale il leader del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi, ha abituato il Paese negli ultimi vent'anni. Se, da un lato, innovare la comunicazione elettorale non è abbastanza per invertire la rotta e rinvigorire l'agonizzante fiducia nella politica e nelle istituzioni, dall'altro il "caso friulano" dimostra che può essere un passo in quella direzione.
Che questa inaspettata vittoria locale costruita su una strategia così solida possa essere stimolo ed esempio per la rinnovante direzione del Partito Democratico a livello nazionale affinché sia capace di aggiornare il suo approccio alla comunicazione politica?


Angela Caporale

2 commenti:

  1. Vince sicuramente il non voto (astensionismo al 50% credo). Altra cosa che credo sia importante da considerare è il fatto che i due concorrenti principali (pdl e m5s) impelagati nelle questioni romane, non sono riusciti ad attivare la verticistica macchina elettorale che in genere riescono a mettere in piedi. I nomi forti ( a livello locale) al pd non mancano è tenerli insieme il problema...

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    1. E' vero, ma soltanto in parte. Considera che prima della Serracchiani sono stati soltanto due i Presidenti di Regione di centrosinistra (Riccardo Illy per un mandato e Mauro Travanut per un anno, nel 1994). Questo la dice lunga sul clima politico che si respira in zona.
      Sempre a proposito di PDL, a sostegno del governatore uscente, c'è stata una visita del "leader maximo" Silvio Berlusconi.
      Per quanto riguarda il M5S ha, indubbiamente, pagato la debolezza personale del candidato, un po' troppo "normale", ma Grillo ha trascorso 4/5 giorni in Friuli, i mezzi per aggregare e motivare l'elettorato c'erano.

      Per quanto riguarda l'astensionismo, aggiungo un dato che male non fa (non direttamente a te, ma anche per completare l'articolo):
      Affluenza alle regionali 2013 : 50,48%
      Affluenza alle regionali 2003 (salto volontariamente quelle del 2008, aggregate alle politiche perché forniscono un dato fuorviante) : 64,24%.
      Il calo è netto.
      Sarebbe interessante capire bene chi è che non va più a votare, non solo in Fvg ma in tutta Italia.

      Angela
      Ps: Grazie mille per il commento!! :)

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