Renzi sì, Renzi no.

E’ indiscutibile  il fatto che, a partire dalle primarie dell’anno scorso (ma forse anche da prima), Matteo Renzi sia diventato uno dei protagonisti dello scenario politico italiano.
Il paragone che gli viene attribuito spesso è quello con l’ormai intramontabile Silvio Berlusconi. Certo, non è una novità che entrambi godano di una personalità prorompente e di un appeal da non sottovalutare sull’elettorato. Ma io credo che la caratteristica che li accomuni maggiormente sia la loro innata capacità di dividere l’opinione della gente. Mi spiego meglio: o li odi, o li ami.




Anche a livello di contenuti presentano qualche somiglianza. Una della caratteristiche più lampanti è sicuramente una forte propensione in direzione atlantista, a scapito di una europeista. Alcuni infatti sostengono che Renzi non parli abbastanza di Europa, ed effettivamente, a parte qualche sporadico accenno, non sono molto note le sue vere opinioni ed intenzioni nei riguardi del vecchio continente. Quante volte lo si è sentito parlare di Obama in termini entusiastici? Niente di male, ma pare proprio che persone come Ciampi, Spinelli o La Malfa se li sia lasciati nel cassetto.
Renzi però è uno dei pochi che tira fuori argomenti tabù come il conflitto di interesse o il finanziamento pubblico ai partiti. Tutta una messinscena pubblicitaria? Forse, ma almeno lui ne parla.
Arrivato a questo punto l’elettore del PD, come al solito, si ritrova indeciso su a chi affidare il proprio voto: fidarsi o non fidarsi? Rimanere ai vecchi nomi o lanciarsi su quelli nuovi?
Il rischio è sempre quello, ormai tristemente noto, di fare un ennesimo buco nell’acqua.

E allora si guarda alle alternative: l’attuale segretario Epifani che, stranamente per il ruolo che ricopre, sembra riuscire a prendere posizioni decise e coerenti, ha già messo in chiaro la sua intenzione di non candidarsi. Fassina, l’attuale viceministro dell’Economia e delle Finanze al contrario, ha già iniziato il solito giochino di “lanciare” la propria disponibilità, ma guai a dichiararsi troppo apertamente perché per un attimo si poteva correre il rischio di candidare una persona sicura e decisa. Infine c’è Cuperlo, noto componente dell’ala dalemiana, ma apparentemente appoggiato da pochi. Senza contare il fatto che continua a parlare di riforma interna al partito quando forse, invece, pare gli sia sfuggita l’emergenza Paese.

Insomma, viste le alternative credo che Renzi, nel bene o nel male, possa essere l’unico candidato in grado di tenere testa al carisma del nostro (purtroppo) inscoraggiabile Cavaliere. Poca esperienza? Sicuramente. Ma, da studentessa universitaria, posso dire che fin troppo spesso questo argomento diventa pretesto di staticità e non cambiamento, che sono proprio le ultime cose di cui il nostro paese ha bisogno.
Chiudo un occhio quindi su inopportune visite ad Arcore o pranzi con Briatore (sarà forse un possibile finanziatore?) e alle prossime primarie credo darò fiducia a questo irruente ma determinato personaggio. Non pretendo sia un nuovo La Pira, ma almeno facendo così lo si potrà giudicare sui contenuti della sua politica e non più solo su pregiudizi pre-elettorali.


Silvia Ferretti

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