Terrore in diretta Tv: l'omicidio mediatico dei due giornalisti in Virginia

Otto colpi di pistola, due morti, la fuga e il suicidio, il tutto condito dal video dell'omicidio postato sul web e un fax con le motivazioni del folle gesto. Sono questi gli ingredienti dell'omicidio che due giorni fa ha sconvolto la Virginia, quando Vester Lee Flanagan, 41enne reporter afroamericano noto con lo pseudonimo di Bryce Williams, ha tolto la vita a due ex colleghi della WDBJ7 (emittente locale della CBS), la reporter Alison Park (24 anni) e il cameraman Adam Ward (27 anni).

Flanagan era stato licenziato dall'emittente, probabilmente per motivi disciplinari che avevano creato tensioni con i colleghi e la stessa WDBJ7. L'ex reporter aveva aperto una causa contro l'emittente televisiva e la ex collega Alison Park per discriminazione razziale, non accettando un licenziamento da lui ritenuto ingiusto e che lo ha portato a covare un rancore sfociato nella tragica follia omicida. Fra le motivazioni del folle gesto anche il desiderio di vendicare la strage di Charleston del giugno scorso - quando il ventunenne Dylann Storm Roof ha aperto il fuoco all’interno della Emmanuel African Methodist Episcopal Church, una delle storiche chiese afroamericane, uccidendo nove persone, fra le quali il pastore e senatore Clementa Pinckney – come spiegato nel fax di 23 pagine inviato da Flanagan all'emittente ABC.

Inutile sottolineare come la vicenda riporti alla ribalta il dibattito all'interno dell'opinione pubblica relativo al pericolo delle armi da fuoco negli States dovuto alla facilità nel loro reperimento e in questo senso le dichiarazioni di Obama sono state ancora una volta molto dure: “Ho il cuore spezzato. Le armi da fuoco uccidono più del terrorismo”. Parallelamente torna in auge la battaglia che il Presidente degli Stati Uniti sta portando avanti ormai da tempo al Congresso, quella relativa ad una maggiore regolamentazione nella diffusione delle armi da fuoco attraverso i background check, i controlli su chi acquista un'arma per verificare eventuali precedenti penali o disturbi mentali: battaglia che però viene fortemente ostacolata dalla NRA, la potente lobby americana sulle armi della quale avevamo parlato in questo articolo.


L'omicidio della Virginia però ha un risvolto forse ancora più inquietante e drammatico: esso è infatti stato studiato e pianificato mediaticamente dall'assassino, il quale ha ripreso con il cellulare gli istanti dell'agguato agli ex colleghi, postando poi su Twitter e su Facebook il video dell'omicidio, andato tra l'altro in onda in diretta televisiva dato che al momento degli spari Alison Park e Adam Ward stavano intervistando la direttrice della Camera di Commercio di Moneta, Vicki Gardner, rimasta ferita ma non in pericolo di vita. Il crimine è così andato in diretta televisiva e la televisione e i social network si sono trasformati in canali di diffusione del terrore e della violenza: un uso strumentale e ad hoc dei mass media che ricorda le tragiche riprese degli attentati dell'11 settembre e i recenti filmati delle uccisioni di ostaggi postati dall'Isis su YouTube, con i media trasformati in armi terroristiche.

Gli organi di informazione hanno subito parlato di “omicidio social”, “omicidio mediatico”, “delirio mediatico”, “vendetta in mondovisione” e “follia esibizionista”. La scelta di Flanagan di condividere il video dell'omicidio sui social network può essere letta come il tentativo disperato di cercare attenzione attraverso l'eco della Rete: il risultato è un terrore mediatico incontrollabile andato ormai in onda e condiviso dagli utenti del web attraverso i new media, creando una cassa di risonanza che non fa altro che alimentare la follia di un pazzo omicida che ha scelto strumentalmente la televisione e il web per amplificare la portata del suo messaggio di protesta, di vendetta e di morte.



Proprio per questo motivo la scelta di molte testate giornalistiche e organi di informazione di condividere il video della diretta televisiva e il video postato sui social è fortemente discutibile e non accettabile. Sul punto si è inevitabilmente aperto un forte dibattito che ha visto contrapporsi il dovere di informazione e l'etica morale (a tal proposito è interessante lo scambio di opinioni fra Massimo Razzi - direttore Visualdesk Gruppo Espresso -e il sito Valigia Blu ). Bisogna innanzitutto dire che Facebook e Twitter hanno subito disattivato gli account di Flanagan, come sancito dalle policy dei due social network (cosa fatta anche da YouTube, che ha rimosso i video), al contrario di altri organi di informazione – come BuzzFeed – che hanno deciso di non precludere agli utenti la possibilità di vedere le riprese dell'omicidio, come ribadito dal caporedattore Shani Hilton: “Noi non vogliamo disinfettare Internet. Il video è online, i nostri utenti sono online. Fingere che ci sia un muro tra i lettori e quel contenuto sarebbe stupido”. Una linea editoriale che è stata condivisa anche dal The Sun in Inghilterra e da Repubblica, La Stampa e il Corriere della Sera in Italia, i quali hanno postato i video e le fotogallery dell'assassino e delle vittime.

Linea editoriale non condivisa invece dal New York Times e dal The Independent, così come da SkyTG24, che ha deciso di non diffondere alcun filmato della strage, come sottolineato dal direttore Sarah Varetto tramite questo tweet:


Diffondere la violenza è una strumentalizzazione e una ricerca dello share che nulla ha a che fare con il giornalismo, il quale ha essenzialmente il dovere di mediare e filtrare le notizie e le modalità della loro diffusione. Mostrare e condividere la violenza è in qualche modo farsi megafono dell'assassino: è una questione non solo etica e morale ma principalmente di buon senso. Scegliere di non pubblicare e condividere tali immagini non è in sé una forma di censura ma una forma di rispetto per le vittime e i loro cari che nulla toglie alla notizia e al dovere di informazione. Semplicemente è una scelta che rende onore ad un giornalismo degno di questo nome.

Giuliano Martino


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