Matteo Salvini: due pesi e due misure

Lo scopo dei Black Bloc che hanno messo a ferro e fuoco Milano poco meno di un mese fa è quello di far sentire la propria voce anticonformista diretta e avversa all’Esposizione Universale, rea secondo il loro punto di vista di aver rubato miliardi di euro ai cittadini italiani, distribuendoli ai soliti noti. Le accuse e le prese di distanza da questi avvenimenti sono arrivate da tutte le forze politiche, le quali hanno condannato, giustamente, sia la forma che la sostanza di quanto avvenuto. Ma c’è chi, come al solito, ha trovato il pretesto per lucrare, per contestare, per criticare e per fare campagna elettorale. 
Il protagonista è sempre e solo lui: Matteo Salvini. 
Che il leader del Carroccio faccia propaganda elettorale sulle spalle di tristi avvenimenti non è una novità, ma la cosa che mi ha colpito maggiormente sono i due pesi e le due misure che Salvini ha usato, usa e magari userà in futuro riguardo ai fatti che avvengono in Italia e nel resto del mondo, e cioè la reazione che il segretario della Lega ha e ha avuto nei confronti dell’operato di personaggi a lui ostili e quella che invece sostiene e ha sostenuto quando chi è coinvolto è qualcuno che fa parte del suo stretto cerchio magico. 
Salvini, appresa la notizia di quanto avvenuto per le vie di Milano ha dapprima condannato l’accaduto e i colpevoli di esso e in secondo luogo ha allargato il suo orizzonte polemico chiedendo le immediate dimissioni del sindaco meneghino Giuliano Pisapia, del Ministro degli Interni Angelino Alfano e del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, rei, secondo Salvini, di quanto accaduto, non avendo adempiuto doverosamente al loro compito di prevenire, controllare e successivamente punire con severità i fatti e i colpevoli di questi. 
Un fondo di verità c’è nelle accuse di Salvini, ma quello che manca sempre, oltre ad un filo logico superiore al bar di paese, è quel senso di coerenza che sta diventando sempre più oltrepassabile nella politica dei giorni nostri con un semplice “chissenefrega”. 
Ma perché Salvini non dovrebbe essere coerente? 

Forse non ricorderete bene, ma nell’ottobre 2011 a Roma, in Piazza San Giovanni, si sono verificati violenti scontri tra le forze dell’ordine ed esponenti di Occupy Movement, un movimento di protesta internazionale contrario alla disuguaglianza economica e sociale, che ha portato ad una situazione di guerriglia urbana nelle vie capitoline. 
Emblematica è la scena di un manifestante che sta lanciando un estintore contro le forze dell’ordine. 
Bene, all’epoca il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il Ministro degli Interni era Roberto Maroni, attuale Governatore della Lombardia ed ex segretario federale della Lega Nord. All’epoca Salvini aveva invocato le dimissioni dell’allora Ministro, dell’allora sindaco e dell’allora Premier? La risposta è ovviamente no, ma aveva posto l’attenzione solo sulla violenza e sulla deficienza dei manifestanti additati come zecche comuniste. Perché Salvini non ha chiesto le dimissioni del suo amico Maroni? Forse perché non era ancora Segretario della Lega? Forse perché all’epoca, il suo partito, non era all’opposizione? O forse perché Roberto Maroni era “uno dei suoi” e le colpe erano solo delle zecche comuniste? 

Un altro aneddoto che denota il repentino cambio di idee che solitamente il leader leghista ha, riguarda un fatto risalente poco tempo fa. Sull’onda di sondaggi favorevoli, Salvini si è sentito abbastanza forte da dichiarare che non avrebbe mai stretto alleanza con altri soggetti del centro destra che non avrebbero avuto le stesse idee e gli stessi progetti politici della Lega Nord. Per la prima volta nella storia, sarebbe stata la Lega a dettare le condizioni di alleanza e non di subirle. 
Tempo un paio di mesi e Salvini, in vista delle elezioni regionali del prossimo 31 maggio, ha stretto un accordo con Forza Italia in tutte quelle regioni in cui la Lega si presenterà, e ha inoltre deciso di mettere da parte il suo candidato ligure Edoardo Rixi per far spazio al forzista Giovanni Toti, in segno di rispetto nei confronti di Silvio Berlusconi. 
Anche in questo caso il “celodurismo” salviniano si è afflosciato molto in fretta, cambiando rapidamente strategia in rapporto alla velocità di cambiamento della situazione. 
C’è da dire però che Salvini si sta dando da fare, sta girando l’Italia in lungo e in largo trovando piazze piene di gente che lo acclamano e lo considerano come un eroe. In ogni luogo, in ogni città e in ogni piazza visitata, Salvini posta su Facebook una foto della gente che lo applaude, molta, e di quella che lo contesta, poca, quest’ultima definita “sfigata”, “poverina”, “nulla facente” e “parassita”.  È sfigata, poverina, nulla facente e parassita solo perché non la pensa come lui? 
Dopo le dure proteste contro EXPO, Giuliano Pisapia è stato accolto sul luogo degli scontri con cori di scherno, lancio di uova e di ortaggi e striscioni offensivi. Salvini ha commentato entusiasta il fatto, consigliando al sindaco milanese di dimettersi perché a quanto pare i milanesi non sono più dalla sua parte. 

Ecco i due pesi e le due misure di salviniana memoria. Chi contesta lui è uno sfigato, uno che dovrebbe andare a lavorare e che non sa cosa sia la democrazia, mentre chi contesta un suo avversario politico è paradigma e termometro di una situazione che sta cambiando. Salvini si comporta da abile animale politico in una situazione che lo sta favorendo e che lo sta facendo crescere nei sondaggi, ma non abbastanza. 
Il leader del carroccio sta avendo presa sui cittadini in difficoltà, non perché li aiuti, ma perché dice quello che loro vogliono sentirsi dire. Leggendo il programma politico, nelle intenzioni di Salvini ci sarebbe quello di fermare l’immigrazione usando la guardia costiera a difesa dei confini nazionali, di abolire la legge Fornero, di aiutare prima gli italiani e poi tutti gli altri, garantendo aiuti economici e di uscire dall’euro, perché con la lira eravamo la quinta potenza mondiale. 
Mentre davo un’occhiata al programma mi continuava a venire in mente, e non so perché, il film “Qualunquemente”, dove il protagonista, Antonio Albanese, si era candidato a sindaco della sua cittadina calabrese senza sapere nulla di politica, e la sua propaganda si basava sostanzialmente su un compenso di 2000 euro per ogni famiglia che lo avrebbe votato, con annessa imbiancatura completa della casa e posto di lavoro come guardia forestale. 
Ecco, la situazione è più o meno questa. Proposte ad effetto che non possono però essere praticate, ma che alla gente piace sentire. 
Salvini, però questo non è un film, e rischi pure di passare come Albanese. Sia mai. 


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