“Video killed the radio
star”, cantavano i Buggles nel 1979. “Video killed the radio
star, pictures came and broke your heart.” Non soltanto un
motivetto orecchiabile, ma una piccola rivoluzione: capostipite dello
stile musicale imperante negli anni Ottanta, il video della hit fu
anche il primo ad essere trasmesso su MTV il 1° agosto 1981.
Per molti era la fine di
un'era, quella della radio come fulcro dell'informazione,
dell'intrattenimento e dell'intera vita familiare. Molti credevano
che le nuove generazioni avrebbero trovato l'elettrodomestico solo in
vetusti negozi di antiquariato o sporadici mercatini delle pulci. Da
molti era canticchiata come il canto del cigno definitivo.
E invece questa profezia
non si è avverata, anzi la radio sta ora vivendo una nuova
giovinezza nonostante gli ingenti tagli destinati all'editoria. È
riuscita, infatti, ad adattarsi alle novità tecnologiche in tempi
brevi e a basso costo e, ben presto, a ritagliarsi un nuovo spazio da
protagonista sul palco dei mass media.
La radio si presta,
innanzitutto, ad un utilizzo personale e personalizzato,
caratteristiche tipiche della fruizione dell'informazione e
dell'intrattenimento moderni. Scaricando i contenuti ed interagendo
direttamente, l'ascoltatore-utente partecipa direttamente alla
costruzione del palinsesto.
Emittenti e conduttori,
soprattutto quelli delle stazioni più seguite dai giovani, sono
stati i primi a “farsi social” promuovendo (e promuovendosi) i
propri programmi, le proprie serate in giro per il Bel paese, i
propri libri. (Interessante questo proliferare di best seller di
autori radiofonici e il loro successo.).
La primavera della radio
non è determinata solo dalle potenzialità tecnologiche e social, ma
anche dalla sua capacità di inserirsi negli interstizi temporali
lasciati liberi dagli altri mass media. A differenza della
televisione, infatti, non ha bisogno del divano di casa e a
differenza di tutti i contenuti audio-visual non catalizza l'intera
attenzione: la radio non interferisce né con la navigazione su
internet, né con la cucina, la guida o il lavoro. Tutte attività
durante le quali la radio diventa un mezzo di compagnia, una fonte di
informazione indiretta ma non per questo meno efficace. Tant'è che
le voci degli speaker entrano nelle case quanto quelle dei principali
personaggi televisivi, diventando familiari al punto da risultare
affidabili. Questo rapporto di fiducia e confidenza ha ricadute
positive anche sulla pubblicità che ha trovato nella radio un nuovo
terreno fertile di sponsorizzazione targetizzata dei propri prodotti:
alcuni studi hanno dimostrato come una sinergia tra spot radiofonico
e utilizzo della rete può aumentare sensibilmente i contatti
determinando un incremento del successo di un prodotto o servizio.
Molte volte abbiamo
assistito ad elogi funebri della radio compagna di vita, spesso
considerata soltanto l'ombra di Radio Londra, resa grande dal suo
ruolo durante il tempo di guerra e presto sostituita, soppiantata e
soffocata dalle immagini della televisione. Ma è proprio la tivù ad
avere un grosso debito nei confronti di essa: quiz e varietà sono
nati in radio, così come telegiornale e telecronaca sono
trasposizioni di format radiofonici. Il legame è da sempre
economico, culturale, di generi, ma anche di persone: i primi
conduttori, annunciatori, presentatori provenivano tutti dalla radio
(e non dal cinema) poiché abituati alla diretta, alla battuta
veloce, al contatto diretto con il pubblico.
Non è un caso, inoltre,
che la radio abbia assunto durante tutto il Secolo Breve importanza
durante periodi di conflitto e di tensione: non mi riferisco soltanto
a Radio Londra, Radio Mosca o Radio Bari, ma anche alle radio libere
che si sono diffuse negli anni Settanta in Italia. Hanno saputo
interpretare per prime i bisogni di una generazione di giovani
inquieta: le radio libere esprimevano un altro modo di fare politica,
autodeterminate e libere dal potere politico e, allo stesso tempo,
hanno costruito un proprio spazio economico e commerciale,
liberandosi dalle leggi invisibili del mercato. La stagione delle
radio libere è sfumata da anni, ma la città di Bologna ha mantenuto
il suo ruolo di culla di innovatori, tant'è che proprio dalla città
rossa è partita, nel 2010, la start-up di Spreaker, un
progetto vincente che si inserisce nel fenomeno, tutto contemporaneo
e giovanile, delle web-radio. L'idea di Francesco Baschieri, Marco
Pracucci e Rocco Zanni è stata quella di unire su un'unica
piattaforma tutte le funzioni
necessarie alla creazione di un piccolo programma radiofonico
rendendolo disponibile agli utenti, sia in modalità free che
premium. Spreaker,
oggi, conta 2 miliardi di utenti, dà lavoro a 12 dipendenti tutti
italiani e divide la sua gestione tra Bologna, Berlino e la Silicon
Valley. Sebbene sia difficile determinare il successo di una
web-radio in termini di ascolto o pubblicità, la piattaforma è
diventata, negli ultimi mesi, un megafono per i ribelli delle
Primavere Arabe: Spreaker
ha permesso di raccontare direttamente e senza mediazioni proteste e
manifestazioni mentre giornalisti ed inviati faticavano a trovare il
giusto varco per avvicinare la verità. "In
Turchia molti hanno usato Spreaker
per trasmettere in diretta la protesta di Piazza Taksim. Quando
abbiamo visto crescere la tensione anche al Cairo abbiamo offerto 6
mesi di accesso gratuito alla piattaforma premium". Così negli
ultimi giorni #spreaker è diventato anche il megafono di Piazza
Tahrir. "Sempre all'insegna della libertà di parola”, parola
di Baschieri, ingegnere 38enne e “padre” della start up.
E mentre è sempre
infuocato il dibattito sul futuro della televisione tradizionale
sottoposta alle pressioni della rete e di nuovi soggetti, come
Netflix, che ne mutano l'offerta, la radio è riuscita con successo a
ritagliarsi uno spazio proprio ed originale. In macchina, al lavoro,
attraverso smartphone e tablet, la musica in modalità shuffle
intervallata da curiosità ed informazioni resta un ingrediente quasi
giornaliero della nostra vita. E, paradossalmente, noi tutti
conosciamo il motivetto dei Buggles proprio perché, con una certa
dose di ironia, ancora passa per radio. Come a dire “video killed
the radio star, video killed the radio star”... già, ma video chi?
Angela Caporale
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