Manuale di sopravvivenza per eurofili: il nuovo nazionalismo svizzero


La Svizzera è, insieme alla Norvegia e all’Islanda, una delle tre economie europee avanzate fuori dall’Unione europea, dopo aver votato contro l’ingresso nel 1992. L’accordo tra Italia e Svizzera firmato Lunedì 23 Febbraio a Milano ricopre un’importanza notevole nel quadro europeo, che trascende i meri contenuti del documento. La decisione di accordare, progressivamente, alle banche svizzere il diritto di operare in Italia a fronte dello scambio automatico (dal 2017) di informazioni fiscali, si inserisce in un quadro delle relazioni della Confederazione con l’Unione europea indubbiamente complesso e travagliato. La Svizzera rappresenta oggi un caso di studio interessante sul peso economico e politico che l’Unione è capace di esercitare fuori dai propri confini, e ci può raccontare qualcosa su noi stessi e sulla forme che lo Stato nazionale prende.

Facciamo un passo indietro, però. Sempre tenendo a mente l’eccezionalismo elvetico, caratterizzato dal radicale federalismo (esistono infatti 26 cantoni), nel decennio scorso sono entrati in vigore gli accordi Bilaterali che consentono la libera circolazione delle persone e integrano i due mercati. Questo trend è figlio della pressione alla quale i confini della Svizzera sono sottoposti. Si possono individuare almeno tre forme di pressione, corrispondenti ad altrettante aree dell’elettorato elvetico. Primo, la finanziarizzazione dell’economia ha condotto alla crescita esponenziale del settore bancario, snaturandolo della dimensione locale che le aveva consentito di essere ascensore sociale delle varie comunità. A conferma di ciò, Credit Suisse e UBS sono stati tra i colossi finanziari non americani più colpiti dalla ‘crisi’ del 2008. Secondo, l’elevatissima pressione migratoria, ha portato a circa il 25% la porzione di residenti privi della cittadinanza rossocrociata. Terzo, dal 2011 ad oggi il deprezzamento dell’euro ha fatto schizzare il franco fino a quasi raggiungere un cambio di uno ad uno, con conseguenze enormi sulla competitività dell’export e del turismo (già operanti in fasce di prezzo medio/alte). Inoltre, la decisione a Gennaio di abbandonare il cambio fisso da parte della Banca Nazionale Svizzera non può non essere letta come un segno di debolezza e di impossibilità di effettuare una vera politica monetaria autonoma. 
Le tre dinamiche sopra presentate hanno condotto ad un cambiamento profondo della politica svizzera, dove alcuni partiti come l’SVP (in italiano UDC) e la Lega dei Ticinesi hanno abbracciato posizioni nazionaliste. Questi due partiti hanno cercato, e spesso trovato, consenso trasversale proponendo alcuni referendum contro l’immigrazione, volti a ricostituire i confini nazionali a livello identitario. Almeno tre referendum valgono la pena di essere ricordati. Nel 2009, viene sancito il divieto costituzionale di erigere minareti; nel 2011, vengono ristrette notevolmente le condizioni per la concessione ed il rinnovo del permesso di soggiorno. Ma è nel 2014 che la Svizzera si mette in rotta di collisione esplicita con quei principi europei che scardinano le basi dello Stato nazionale classico: il governo della Confederazione, infatti, è obbligato dal risultato a mettere un limite costituzionale all’immigrazione, anche dei cittadini europei.

referendum svizzera


Ora, quest’ultimo referendum è di fondamentale importanza perché è il nodo gordiano delle relazioni con l’UE, ed ha incrinato forse per la prima volta in maniera formale il dogma della libera circolazione. Non solo: ha mostrato le sfide che un sistema di democrazia diretta può far emergere quando il governo si trovi a dover gestire una diminuita sovranità. Anche la reazione della Commissione europea ha una valenza notevole. Una delle ultime decisioni prima delle elezioni europee a Maggio 2014, è stata quella di non negoziare in alcun modo la libera circolazione e di sospendere la Svizzera dal programma Erasmus+, come pure dalle negoziazioni sull’accesso al mercato energetico europeo. Benchè queste prese di posizione siano state poi mitigate, è illuminante l’opinione di una giurista dell’Università di Basilea, secondo la quale l’UE non negozierà perché la posta in gioco è troppo alta, e dunque una posizione ostinata e contraria potrebbe solo esacerbare l’irrilevanza politica della Confederazione a livello europeo.

Questo excursus ha lo scopo di mettere in prospettiva l’accordo citato in apertura. La Svizzera si trova oggi a dover reinventare il suo modello sociale, non perché sia in crisi nel brevissimo periodo, ma poiché tarato anacronisticamente su una Europa a confini nazionali rigidi. Ed è illuminante che sia presa a modello da molti partiti antieuropeisti. Accettare l’abbandono del segreto bancario per i non residenti ha un alto valore simbolico perché costituisce un’ingerenza senza precedenti sulla sovranità elvetica e sul suo sistema bancario (anche se sono gli Stati Uniti ad aver aperto il vaso di pandora qualche anno fa), e si somma al rebus della libera circolazione nonché alle crepe profondissime della politica monetaria. Accordi di questo tipo stanno proliferando ultimamente: per esempio con la Germania (ma il parlamento tedesco aveva bocciato il trattato), l’UK e l’OCSE.

La parabola della Svizzera è paradigmatica della profonda trasformazione dello Stato nazionale. Fuori dall’Unione europea, la Confederazione è comunque costretta a recepire una parte significativa del diritto comunitario. Nonostante non abbia l’euro, la banca nazionale è vieppiù priva di efficaci strumenti monetari. Integrata com’è nell’economia globale, affronta costantemente le richieste della grande industria di limitare l’intervento dello Stato e di partecipare in varie sedi alla governance globale (OMC, ONU, etc.). A fronte di queste forze esterne incoercibili, i partiti conservatori sembrano rifugiarsi nelle ansie del quotidiano, nello sfilacciamento dei rapporti umani, nelle pressioni sul mercato del lavoro meno qualificato e nelle differenze culturali (a riprova di ciò, il Ticino l’anno scorso ha approvato un referendum contro il burqa benché questo abbigliamento sia totalmente assente nel cantone). I loro recenti successi possono aiutare a comprendere le cause più profonde dell’euroscetticismo, e nello specifico le forze economiche globali che affiggono a livello europeo il mercato del lavoro o la rappresentanza politica.

Alessandro Tirapani

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