Come un giocatore di poker


Come un giocatore di poker. Le mani passano e lui non osa. Sembra passivo, rinunciatario, assente, tra le nuvole. Al tavolo tutti si chiedono qual'è il suo piano, cosa gli passa per la testa. Le carte si mescolano e rimescolano. Assi, donne, jack, coppie, tris, scale. Impassibile. Sembra impassibile, spettatore non pagante nella partita. La notte avanza, le palpebre vacillano, la concentrazione crolla. Ancora niente. Ancora un'altra mano. Quella giusta, quella che conta di più di tutte le altre messe insieme. Ed eccolo lì, l'outsider che, resuscita, emerge e va “all in”. Sguardi attoniti. Si prende l'intero malloppo e se ne va.
Nessuno, ma proprio nessuno, era riuscito a carpire la strategia di logoramento che da mesi il presidente del consiglio Enrico Letta porta avanti.

Fonte: direttanews.it
Dietro quella faccia da primo della classe, da secchione, con gli occhiali rotondi a fare da scudo a occhi piccoli e neri come sassolini e il sorriso sornione stava tessendo la propria tela, tirando le fila come un oscuro burattinaio, muovendo le pedine sulla scacchiera come Garry Kasparov. Un solo obbiettivo nella sua mente tanto fredda quanto imperscrutabile: fare fuori il perno, l'asso,  il deus ex machina della politica italiana degli ultimi vent'anni, Silvio Berlusconi.
Quindi lasciamo andare le mani. Concessioni sui ministeri e sulle altre poltrone al PdL? Benissimo. Il caso Shalabayeva? Il governo e i suoi ministri, Alfano compreso, hanno fatto tutto il possibile. Nessun errore. La condanna di Berlusconi? “La legge va rispettata”. L'IMU? Discutiamone. Perché no? Si trovi un compromesso. Le minacce di far saltare il banco di falchi e pitonesse? Lasciate che parlino. Si va avanti. Renzi che scalpita? Una cena, quattro chiacchere e si sistema tutto. Nonostante  il grilletto fosse sempre puntato sulla sua tempia e su quella del suo governo mostrava la  tranquillità e  l'imperturbabilità di un monaco Zen. Ecco sì. Un monaco Zen, i capelli radi, gli occhi piccoli, quasi orientaleggianti.

Mesi e mesi ad ingoiare i bocconi amari del Cavaliere, a bere la cicuta, a sopportare la scomoda, improbabile, precaria ed innaturale alleanza, attendendo il momento più propizio. Ancora una mano, Enrico, ancora una mano. La politica, la politica italiana, è fatta di pazienza, tanta pazienza. Lo sai bene, Enrico, hai avuto dei buoni maestri in questo senso. Il successo si costruisce con la sagacia. Le piazze, ed i loro umori, si scaldano in fretta e si raffreddano ancora più velocemente. Il palazzo resta. Resta sempre. E il palazzo, come il banco, vince, vince sempre.

Fonte: polisblog.it
È il tuo momento, Enrico. La mano è quella giusta. La balena ha abboccato. Il Caimano, preso dalla sua bramosia, dalle sue smanie di protagonismo, dal suo ego smisurato e dalla sua (sempre meno) lucida follia, ha deciso di farla finita. Striglia i suoi. “Così non va, dimissioni generali!” Non lo sa che il suo branco non è più compatto, tutto dalla sua parte. Non suppone che nel frattempo, con perizia e dissimulazione, tu sei entrato dentro la sua pelle e hai insinuato piccole crepe nel suo esercito. Non immagina neanche lontanamente che ti sei lentamente conquistato il rispetto e la stima dei suoi comandanti. Non sono più così assoggettati adesso. Che sia per senso di responsabilità, per amor proprio o per tornaconto personale ora si vogliono ribellare. Come operai che vanno in sciopero a danno del loro datore di lavoro. Il cavaliere è distrutto dal tradimento, disarcionato dal suo destriero. Il suo partito è diviso, lacerato. I suoi uomini rivendicano la loro autonomia decisionale e dissentono. Le mani nei capelli per Silvio a coprire la delusione. Le rughe che si increspano e si attorcigliano sul suo viso. La marcia indietro necessaria che suona come una resa, come una batosta. Il governo Letta può andare avanti, può proseguire la legislatura, ancora una volta. Sempre più forte perché sempre uscito più o meno illeso dagli agguati che i suoi numerosi  nemici (fato compreso) hanno provato a tendergli. Le larghe intese ormai sono antiproiettile, come d'altronde il presidente del consiglio Letta. Sparare serve solo a sprecare munizioni. A farsi del male da soli.


Era la mano giusta, Enrico. Lo sapevi, l'hai aspettata, l'hai sfruttata. Sei andato “all in” e hai vinto la partita. Come un esperto e navigato giocatore di poker, come un paziente monaco zen, come un oscuro burattinaio, come il campione Garry Kasparov, come i bravi statisti democristiani.

Valerio Vignoli

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