Orbàn disorder - Voci da Budapest

Poco prima che partissi per il mio primo Erasmus, buona parte dei miei amici mi chiedevano se non avessi un po’ paura ad andare in un paese che – parole loro – era sull’orlo di un regime. A parte tenermi informato sulla qualità della vita e, soprattutto, delle tensioni sociali che in Ungheria avrebbero potuto avere luogo in un periodo di agitazione forte come è stato il 2014 (tra l’economia che non ripartiva, l’Europa che tentennava e i populismi crescevano a dismisura), non mi sono preoccupato più di tanto, convinto che non potesse essere così male.
Beh, in effetti è stato proprio così: il pugno duro di Orban, a parte qualche occhiataccia alla prima parola con accento italiano, non ha avuto conseguenze particolarmente devastanti sul mio Erasmus. Ho studiato, ho fatto serata, ho conosciuto gente, consapevole che tutto sarebbe andato alla grande.

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Un'immagine di Viktor Orban | Fonte: Ferenc Isza/AFP
Un anno dopo, mi ritrovo a vedere la stazione di Keleti assediata dai migranti in fuga, mentre la polizia manganella famiglie con bambini; Orban, da parte sua, ammette di fare solamente quello che deve: far rispettare la legge europea sui passaggi di uomini nell’area Schengen. Curioso che uno degli stati più autarchici e campanilisti, con risvolti sociali e politici neo-fascisti, si preoccupi tanto della situazione dei migranti, tanto da non volerli far partire senza documenti. 
La situazione è presto degenerata, soprattutto quando dalla Germania giungeva uno storico invito all’accoglienza: la Merkel avrebbe accolto, e così l’Austria.
Per Orban non è stata che un’altra occasione per misurare la differenza fra la sua politica culturalmente difensivista e il pietismo disorganizzato delle istituzioni europee. Mentre Orban – primo ministro ungherese, nonché leader del partito conservatore-populista Fidesz – si scagliava contro Bruxelles e l’Ungheria piantava i primi fittoni per separarsi dalla Serbia, in strada i neo-fascisti (che poi sono anche in parlamento sotto la sigla Jobbik – che significa “più a destra”) passavano alle via di fatto, scatenando una “caccia all’immigrato”.
Per vedere meglio attraverso questa cortina ho contattato due studentesse (Hanna e Zsofia) e una professoressa (Katalin), cercando di capire quanto pesante fosse l’aria che si respira da giorni a Budapest.

Hanna Horvath, 21 anni, studentessa di Scienze Sociali all’Università Corvinus di Budapest, mi dice che “questo problema degli immigrati è una vera e propria bomba qui a Budapest: sulle radio, nelle strade non si sente altro che notizie riguardanti gli immigrati, e tutta la situazione che si sta venendo a creare. Ci sono migliaia di migranti senza un tetto sopra la testa nelle stazioni di Budapest, nei parchi e dappertutto in città.
Non vogliono restare qui, parecchi di loro hanno già comprato i biglietti per l’Austria, per la Germania, per la Gran Bretagna, l’Italia e tutti questi paesi dell’Europa centro-occidentale. Però non possono partire, perché non hanno documenti, e per questo non possono essere lasciati andare verso altre nazioni”.
Ma il governo come pensa di risolvere questa emergenza?
Non credo che il nostro governo sappia realmente come affrontare la situazione. Potresti aver sentito parlare dei cartelloni contro i migranti (per esempio: “se vieni in Ungheria non puoi prendere i posti di lavoro ungheresi)”; l’opposizione ha raccolto gente e soldi, facendo la stessa cosa ma manifestando vicino ai migranti. E’ diventata una tragica occasione di opposizione politica, sulla pelle di questa povera gente”. Anche il muro (che lei la chiama recinzione) nei pressi del confine con la Serbia lo considera “un’azione del governo nel tentativo di scoraggiare i migranti, ma non è una soluzione efficiente quanto pensavano fosse”.
Le chiedo come si sta in città, come reagisce la gente a questa situazione di emergenza: “io vivo abbastanza lontano dal centro, non posso dare una realistica prospettiva della situazione delle aree più affollate di migranti. Ma quello che so è che sta diventando una situazione spaventosa: per esempio, la principale stazione dei treni è dovuta rimanere chiusa (nessun treno partiva, nessun treno arrivava) a causa dei migranti in protesta, e la tensione era sempre più alta”.
Chiedo ad Hanna se può esserci una soluzione condivisa con l’Europa: secondo lei “il governo ungherese sta aspettando l’aiuto dell’Unione Europea, mentre i cittadini stanno semplicemente cercando di ignorare la situazione, almeno fino a che non diventa socialmente pericolosa. Tuttavia ogni giorno è sempre peggio: non lo so, stiamo aspettando che arrivi il cambiamento.”

Un gruppo di migranti nella capitale ungherese | Fonte: Ansa
“L’Ungheria non sa cosa stia accadendo: sta succedendo tutto troppo velocemente, con troppe persone coinvolte. Gli ungheresi non conoscono la differenza fra rifugiato e immigrato e, a chiunque tu chieda, vogliono partire e andare in Germania, solo Germania. L’Ungheria è il confine con l’Unione Europea, e quelli che arrivano dalla Serbia passano da qui. Nonostante la delicatezza della soluzione l’Ungheria non ha idea di cosa fare: far partire treni per la Germania (senza registrazione, senza permessi) o procedere all’identificazione, sapendo che un eventuale fermo ricondurrebbe a Budapest ciascun migrante lasciato partire?”

Katalin Farkas, professoressa di Rhetoric and communication all’Università Corvinus di Budapest, ci dice di aver parlato con molta gente ungherese del problema. Per questi, prosegue Katalin, “i migranti che hanno guadagnato la loro terra promessa, ora devono pagare come tutti gli altri. In seguito, hanno riconosciuto che nessuno vuole rimane nel blocco post-comunista, vorrebbero andare a ovest. Bene: adesso hanno paura dell’Africa: cosa succederebbe se le popolazioni dell’Africa lasciassero il proprio continente e venissero in Europa per una vita migliore?”
Le chiedo cosa ne pensa del muro in costruzione a sud dell’Ungheria: “ormai non è più una questione riguardante il muro, si aspettano che Bruxelles decida cosa fare; liberali e socialisti in Ungheria hanno votato contro gli espatriati (ungheresi in Transilvania) il 5 dicembre: nessuna cittadinanza per loro. Oggi invece combattono per “nessuno”, ovvero per nessuno che sia un connazionale”.
Katalin ci spiega come i migranti siano ora diventati un business, perché ora “principalmente romeni e bulgari si fanno pagare per portarli da qualche parte in Austria. Bisogna che si sgonfi la bolla che adesso è su Budapest, oppure questa emergenza faticherà a rientrare. Il vero problema, ora, è il traffico di esseri umani”.

I richiedenti asilo in marcia verso l'Austria | Fonte: AP/Il Secolo XIX

“Se USA e Israele smettessero di bombardare la Siria e gli altri stati arabi, questi non verrebbero verso l’Europa, perché potrebbero vivere nel loro paese in sicurezza. Hai visto recentemente immagini della Siria? Era fantastica. D’altra parte sono molto dispiaciuta per loro, ma hanno fatto delle dimostrazioni di protesta contro l’Ungheria, gli ungheresi e il governo. Hanno gettato via il cibo che gli veniva dato, lasciato un sacco di sporcizia nelle strade. Non sono tutti così, chiaramente, ma a causa loro gli ungheresi, oggi non possono usare una delle più grandi stazioni di Budapest”

Zsofia, studentessa ventitreenne di Economia e marketing alla Corvinus, ha una visione chiara della situazione: “Il governo spende tanti soldi per loro, ma ne vogliono di più, e ancora di più.”
Mi dice che in Ungheria ci sono sempre più problemi al sistema sanitario: "non abbiamo più risorse per sostenerlo. Il nostro governo non può gestire il problema dei migranti nella maniera giusta. Hanno fatto dei passi falsi, come la costruzione della recinzione al confine con la Serbia: hanno speso altro denaro pubblico, ma questo non fermerà nessuno dei migranti”, commenta amareggiata.
Secondo Zsofia ci sono responsabilità politiche bipartisan, poiché “l’opposizione di sinistra non li sta aiutando, anzi: stanno rendendo la vita di quella povera gente peggiore e più dura di quanto non sia già. Aiutano i migranti, parlano alla gente comune andando contro il governo di destra. Ma quando viene il momento di fare qualcosa di realmente utile: niente…”
Ma gli ungheresi come si pongono nei confronti dei migranti? “Metà degli ungheresi ha paura, se non odia apertamente gli immigrati, mentre l’altra metà li aiuta, e questo perché (io penso) sono persone che vogliono solo fare qualcosa di dimostrativo contro il governo Orban.”
Dalla voce di Zsofia traspare un po’ di scetticismo nei confronti dell’Unione Europea: “La mia opinione personale è che tutti i grandi Stati europei non vogliano accogliere gli immigrati, e ora che tutti vedono quello che sta succedendo in Ungheria, è più facile biasimare il popolo e il governo ungherese, e allo stesso tempo un tentativo di lasciare l’Ungheria sola nell’affrontare questa situazione. In realtà questi paesi non vogliono gli immigrati nei loro paesi, ma ora che sono lontani parlano di loro come dei fratelli. Facile, no?”
Le chiedo un’ultima considerazione generale, su che strada si dovrebbe prendere per fermare questa emergenza. Innanzitutto “ fermare i bombardamenti in Siria, e ritirare tutte le truppe. E la stazione rimane chiusa perché non tutti hanno i documenti, è una situazione difficile e delicata.” E poi l’affondo: “non sarei nemmeno sorpresa se la CIA desse soldi ai migranti per lasciare le proprie terre verso l’Europa. Mi sento che il disegno dell’Unione Europea  stia per finire”.


E la sfida di Orbàn all’Europa, a sensazione, è tutt’altro che conclusa.

Lorenzo Gualandi

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