ZIGANA è un
progetto presentato dall’Associazione Sinti Italiani di Bologna, in
collaborazione con l’Ufficio Pari Opportunità e Tutela delle
Differenze del Comune di Bologna, le associazioni EOS ed
Extrafondente e lo studio di architettura e ingegneria
sostenibili Clusterize.
ZIGANA
concorre al bando “cheFare”, un concorso nazionale indetto
dall’omonima associazione allo scopo di “costruire una rete tra
imprese culturali con alto contenuto di innovazione e ad alto impatto
sociale”, per il quale sono in palio tre premi da 50000 € l’uno.
Il progetto di ZIGANA, sottotitolo “Valigia multimediale per
diffondere verità su Rom e Sinti”, prevede una serie di iniziative
per combattere i pregiudizi sugli “zingari” in Italia con le armi
della realtà e della condivisione. Tra gli strumenti multimediali
che saranno presenti nella valigia troveremo un’installazione 3D
raffigurante la Giostra, archetipo della zingarità; alcuni
totem informativi; una serie di conferenze che esploreranno le
influenze della cultura zigana sulla musica colta, l’alta moda e la
società italiana e occidentale; e Labirom, un allestimento
interattivo per raccontare il plurimillenario esodo delle popolazioni
rom e sinti. In caso di vittoria le iniziative verranno presentate
sul territorio di Bologna nello spazio di più mesi, senza una
deadline precisa, e la loro vendita o noleggio renderà il progetto
autosostenibile. Per saperne di più sul bando, su ZIGANA e
per votarlo – c’è tempo fino al 5 novembre – vedere qui.
Luigi
Chiesi (primo a destra) risponde alle domande nella sua casa
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In occasione della
presentazione del progetto, il presidente dell’Associazione Sinti
Italiani di Bologna Luigi Chiesi ha organizzato una cena nella chiesa
evangelica di cui è pastore, all’interno del campo di via Giuseppe
Dozza a Bologna. Alla fine della cena Luigi ci ha portato a visitare
la sua abitazione, una casa mobile costruita da lui alla quale in
seguito ha aggiunto un modulo ulteriore; il tutto è fatto di
pannelli isolanti, ed è smontabile ed ulteriormente modificabile pur
mantenendo un aspetto confortevole.
Luigi ci ha spiegato che
il popolo zigano non vuole necessariamente restare nomade. Quello che
Rom e Sinti vogliono superare è il paradigma del “campo nomadi”,
il più delle volte un ghetto che si auto-perpetua in cui i giovani
zigani, avendo come solo esempio quello di parenti e amici, finiscono
per proseguire la storia di marginalizzazione e povertà che
caratterizza da sempre i nomadi. Con un’efficace metafora grafica,
Luigi ci dice che “la via del Sinto è piatta, non è una linea che
sale; noi restiamo così per tutta la vita, non c’è possibilità
di ascesa socio-economica”.
Approfittando della
presentazione di ZIGANA – e della possibilità di scroccare
una tipica cena sinti – ho fatto quattro chiacchiere con Luigi
Chiesi sulla percezione sociale dei RSC (Rom, Sinti e Caminanti) e
sugli stereotipi che girano intorno a questi popoli.
D - Ciao Luigi.
Mi puoi spiegare perché rubate?
R – Ciao. Beh, anche
tra i Sinti, come in tutti i popoli, ci sono i ladri, ci sono i
disonesti, ci sono quelli che vivono di espedienti… Dipende dalle
esigenze, se uno è povero e rischia di morire di fame va a rubare.
D – E perché non
mandate i bambini a scuola?
R – Questa è una buona
domanda. Comunque molti bambini Rom e Sinti vanno a scuola, ma
dipende anche dalla realtà che spesso i Sinti si trovano a vivere a
scuola, una realtà fatta di discriminazione. A volte i Sinti vedono
che, dopo aver mandato i figli a scuola e aver dato loro
un’istruzione, comunque i ragazzi non riescono ad uscire dal corto
circuito di nomadismo, vita nei campi rom ed impossibilità di
trovare un lavoro, e quindi pensano che non ne valga la pena.
D – Chiaro. A questo
proposito, non pensate anche voi che sia più comodo abitare in una
casa vera?
R – Certamente, a
livello di comodità pura e semplice una casa è più comoda. Ma è
una questione di mentalità, come ti ho già detto se un vecchio rom
ha vissuto per 70 anni in un campo, passando gran parte della sua
vita all’aperto, in un appartamento si sentirà in gabbia. Così
come una persona che ha vissuto sempre in casa non si troverebbe bene
in una roulotte. Anche qui, però, è evidente che questo è un
problema simbolico: che noi abitiamo in una casa mobile o in una
villetta fuori città non cambia niente, l’importante è condurre
una vita onesta e pagare le tasse – cosa che tutti in questo campo
fanno.
D – Quindi il fatto
che tendiate a lavarvi poco è legato alla vita nei campi nomadi?
R – Questo è un grosso
problema di percezione sociale. Il fatto è che i Rom e Sinti che
vedi in giro, quelli che chiedono l’elemosina e tengono i figli per
strada, sono quella piccola minoranza che è fuggita da poco dai
disordini in Europa dell’Est e nei Balcani: sono poveri, disperati
e non hanno niente, vivono per strada. Sono di fatto alla stregua dei
rifugiati che stanno arrivando adesso dalla Siria, ma nessuno li ha
mai considerati tali, abbandonandoli a loro stessi.
D – Perciò questi
sono gli stessi che sfruttano le donne e i bambini in strada per
elemosinare, perché fanno più soldi degli uomini?
R –Il problema è
sempre quello, questi sono gli unici Rom che la televisione fa
vedere. In realtà la maggior parte dei Rom vive in appartamento, ha
la cittadinanza italiana, ha un lavoro e non si distingue dal resto
della popolazione (anche se per i Sinti è un po’ diverso, noi
siamo ancora legati al nomadismo). Rom, Sinti e Caminanti sono popoli
dispersi per il mondo: ci sono quelli che stanno qui dal 1400 e sono
italiani a tutti gli effetti; ci sono quelli che, pur italiani da
generazioni, ancora sembrano “diversi” perché vivono nei campi;
e ci sono i più sfortunati, arrivati da poco per sfuggire a guerre e
dittature, che non hanno nulla e vivono come possono ai margini della
società.
D – A questo
proposito, avete mai pensato di tornare in Romania, da dove venite?
R – Questo è un
equivoco frequentissimo. Il fatto che “Rom” e “Romania”
abbiano la stessa radice non vuol dire che i Rom siano rumeni, per
non parlare delle altre popolazioni che compongono il gruppo
solitamente indicato col nome di “zingari”. Se è vero che la
maggior parte dei Rom che di recente sono arrivati in Italia
provengono dalla Romania, che conta una tra le maggiori popolazioni
Rom d’Europa (più di 600.000 individui), non significa che tutti i
Rom lo siano. Anzi, alcuni di essi non hanno nemmeno la cittadinanza
rumena, mentre altri sono addirittura apolidi. Nessuno sa da dove
veniamo, anche se secondo la teoria più in voga i popoli zingari
sono originari dell’India. Noi, studiando la Bibbia, ci siamo fatti
l’idea di essere originari di Israele, a causa di molte
similitudini culturali tra noi e la civiltà ebraica, ma questa è
solo la nostra idea.
D – Ok, Luigi. Vi
capita spesso di sentirvi rivolgere delle domande stupide – o delle
gravi accuse – di questo tipo, vero? Che cosa rispondete di solito?
R – Guarda, io posso
capire la diffidenza verso il diverso, e non nego i problemi che ci
sono; come ti ho detto, alcuni di noi sono molto poveri e rubano per
vivere, mentre altri sono semplicemente disonesti. Di solito
rispondiamo che sì, alcune di queste cose sono vere, ma anche gli
Italiani non sono perfetti. Semplicemente, nessun popolo lo è.
Dappertutto la gente ruba, truffa, uccide, stupra, e noi non lo
facciamo più di altri. Però, pur essendo molti di noi cittadini a
tutti gli effetti di questo Paese, veniamo percepiti come un corpo
estraneo, quindi quando uno di noi commette un reato è perché “gli
zingari sono disonesti”, mentre quando il criminale è di pelle
chiara e vive in una casa è una semplice deviazione statistica,
parte di quella piccola, organica percentuale di delinquenti con i
quali ogni popolo deve fare i conti. E questa disparità di
trattamento è profondamente ingiusta.
D – È per questo
che avete messo in piedi ZIGANA? Per potervi
difendere in prima persona da queste accuse?
R – Esatto. Vogliamo
semplicemente far capire alla gente che molte delle storie che girano
su di noi sono false, e che le poche vere sono dovute al fatto che
siamo persone, non zingari. Non siamo diversi da loro, e quando
qualcuno di noi sbaglia lo fa in virtù della sua umanità, non del
suo “essere zingaro”.
Grazie mille, Luigi,
dell’intervista e della cena.
Grazie a te! È stato un
piacere.
Giovanni Ruggeri
Giovanni Ruggeri
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