Il 29 settembre il tribunale costituzionale di Madrid ha sospeso per cinque mesi, in attesa di un giudizio sulla legittimità o meno della consultazione, il decreto per indire il referendum sull’indipendenza catalana. In risposta a questa decisione il presidente della Catalogna, Artur Mas, ha deciso di cancellare il referendum e ha trovato una soluzione alternativa.
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Ciò che avrà luogo sarà una sorta di “consultazione dei cittadini”, il cui risultato non sarà definitivo ma avrà il merito di rendere nota la volontà dei catalani. Il trucco sta nel fatto che la consultazione trova il suo fondamento in quadri giuridici preesistenti e non nel decreto, sospeso, sul referendum.
Alla consultazione potranno partecipare i cittadini con più di 16 anni di età, con documento di identità valido, residenti in Catalogna. I catalani che sul documento d’identità hanno la residenza in Catalogna, ma vivono in altre parti della Spagna, potranno votare solo se si troveranno in Catalogna il 9 novembre, giorno della consultazione. Rimangono quindi esclusi i catalani con residenza in altre parti dello stato. Il risultato sarà reso noto il 10 novembre. I votanti dovranno rispondere a due domande: “Vuoi che la Catalogna sia uno stato?” E in caso di risposta affermativa, “Vuoi che la Catalogna sia uno stato indipendente?”. Il Governo conta sulla partecipazione di 20000 volontari che custodiranno le 6000 urne dislocate in tutto il paese.
Il premier spagnolo Rajoy ha accolto con soddisfazione la notizia della rinuncia al Referendum e ha dichiarato di vedere la decisione di Mas come un’opportunità per iniziare un nuovo cammino all’insegna del dialogo e delle decisioni condivise. La proposta di Mas tuttavia ha generato scontento tra i partiti indipendentisti catalani. La Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC) è particolarmente critica su questa nuova forma di consultazione, ne lamenta la mancanza di garanzie legali e spinge per elezioni anticipate. ERC, attraverso una posizione decisamente radicale, sostiene che l’unica soluzione ai problemi economici e sociali catalani sia la proclamazione dell’indipendenza il prima possibile e che l’espediente di Mas sia solo una perdita di tempo. ECR inoltre, in caso di elezioni, non vuole più far parte della lista congiunta con Convergenza e Unione (CiU, la coalizione di cui Mas è il leader), a meno che il nuovo Parlamento non proclami l’indipendenza immediatamente e che il candidato della coalizione sia una persona indipendente.
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CiU propende invece, anche in caso di elezioni anticipate, per il dialogo con lo Stato spagnolo e per la ricandidatura di Artur Mas come leader della coalizione. Mas vorrebbe trovare un accordo con i repubblicani perché in caso di elezioni vi sarebbero benefici per entrambi i partiti. Tuttavia la situazione è complicata non solo sul piano programmatico ma anche su quello strettamente politico: in caso di un patto tra il partito di Mas e ERC, Convergenza dovrebbe rompere con l’UDC (Unione democratica di Catalogna), suo alleato storico. Tra UDC e repubblicani ci sono reciproca diffidenza e differenza di vedute. Il leader di Unione, Joseph Lleida, ha inoltre dichiarato di rifiutare la possibilità di una dichiarazione unilaterale di indipendenza. A suo avviso, l’unico modo per cui la Catalogna possa essere uno stato indipendente riconosciuto dalla comunità internazionale è che ci sia un processo di transizione affiancato dal dialogo con lo Stato spagnolo e l’Unione Europea. Si dice inoltre aperto al dialogo con Convergenza anche per capire se la maggioranza preferisca mantenere la vecchia coalizione o formarne una nuova con i repubblicani. La scena politica catalana è quindi piena di beghe interne.
Riusciranno i partiti indipendentisti a superarle e a raggiungere unitariamente il loro obiettivo? Josè Aznar, ex premier spagnolo, una volta disse: “È più facile che si rompa la Catalogna piuttosto che la Spagna”. Staremo a vedere chi riuscirà a rimanere in piedi questa volta.
Sabrina Mansutti
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